Preludio al Seppuku
di Mario "OiPaz" Corsolini
Un Protodramma
(Atto Unico)
(Dura Poco)
(.)
Il sipario è semichiuso. La scena è completamente vuota. Le luci, bianche, sono soffuse. Le voci, molto calme, lente, appena distinguibili, provengono dall'esterno, una da destra e l'altra (che pronuncia la prima frase) da sinistra. Il finale è recitato dalle due voci contemporaneamente. Non c'è accompagnamento musicale. Tutto rimane invariato dall'inizio alla fine della rappresentazione.
- [Voce oltremodo potente, profonda e forte, proveniente dal centro del palco, scandendo bene le lettere, per una durata di 10 sec.] Iiiiiooooo!
[Pausa, 5 sec.]
-[...]
-Che bel tempo! -O forse è brutto?
-Correre verso la meta?
-Non ne ho più la forza. C'è qualcuno che ancora lo possa fare?
-Non ne ho idea. Penso di no.
-Ci trasciniamo.
-A vicenda.
-Senza meta. Ecco! Non abbiamo meta.
-In realtà una ci sarebbe.
-Certo, allora... ci trasciniamo, stancamente, verso una meta.
-Arriveremo mai?
-Sì, ma non lo sapremo.
-È peggio che non arrivare o sapere di non poter arrivare.
-È la nostra condanna.
-Espieremo tutti i nostri peccati?
-Non crearti inesistenti colpe. Noi non abbiamo peccati. Abbiamo solo una ingiusta condanna.
-Vittime innocenti.
-Siamo tutti uguali.
-No, siamo tutti convinti di essere uguali. È ben diverso.
-Quindi cosa fare?
-Niente.
-Mi affanno tutta la vita per non fare niente. Voglio avere qualcosa da fare.
-Pensa a qualcosa.
-Non mi riesce più di pensare. Ho smesso da tanto tempo. Fu una crisi di rigetto.
-Allora comincia a produrre, instancabilmente, datti da fare, creati una vita attiva, mettiti al servizio del prossimo, sii lavoratore, fatti comandare, comanda...
-Il risultato è lo stesso: niente.
-Ucciditi!
-E se poi l'Aldilà esiste davvero?
-Vivrai beato in eterno.
-No.
-Come mai? Hai paura di venir punito per aver commesso il suicidio? Se è così non averne. Potresti capitare tra le mani di un Dio che lo giustifica. Sai, non tutti gli Dei sono uguali.
-No.
-Perché?
-Ho paura di conoscere la Verità. Anche di conoscere la Verità che non esistono Verità. Potrei non riuscire, e il fallimento sarebbe peggiore della condanna cui siamo costretti.
-Allora uccidimi.
-Perché?
-Così tu farai qualcosa di nuovo e forse troverai un modo per renderti piacevole l'esistenza, ed io, sperando nel Grande Nulla Definitivo, nel Vuoto Assoluto, non sarò più ossessionato dalla mia.
-Sembra facile!
-Lo è, basta provare.
-Non so se poi me ne potrei pentire.
-E quindi?
-Non lo farò.
-Allora cosa fare?
-Andare al mare!
-Spiritoso.
-Come un comatoso!
-Bravo, ma ora basta.
-Scusa, è stato più forte di me.
-Comunque mi hai dato un'idea.
-Quale?
-Potremo provare a smettere di parlare. Potrebbe essere interessante come esperienza.
-E come faremo poi, senza parlare, a sentire lo scorrere del tempo?
-Hai ragione. Dobbiamo parlare.
-È necessario.
-Alla nostra psiche.
-E poi non ci si potrebbe mai riuscire.
-Giusto! Solo il fatto di imporsi di non parlare vuol già dire parlare.
-Cosa è poi, il parlare. Pensare?
-Comunicare. Comunicazione tra differenti tasks.
-E basta?
-Attraverso le parole. O altri simboli. È sufficiente l'esistenza di un decodificatore comune. Non ne esiste uno universale, necessario.
-Questo lo so già. Che ore sono?
-Allora senti questo: comunicare è imparare a comunicare.
-Come sei tautologico!
-Comunicare è dare outputs a degli inputs.
-Può anche essere induzione di inputs.
-Ho fame.
-Anch'io. In questo caso l'output precederebbe l'input.
-Ma ciò non accadrebbe mai in senso assoluto.
-Giusto, alla base c'è sempre un qualche input.
-Così sia.
-E il primo uomo?
-Non esiste.
-È esistito?
-No: erano tanti.
-Ciò non invalida il problema.
-Ma lo risolve.
-Vero.
-Hai smesso di parlare?
-No.
-Sappi che non lo puoi!
-Lo so.
-Allora non hai smesso?
-No. Come mai lo credi?
-Troppo tempo hai fatto passare prima della risposta.
-Non me ne sono accorto.
-Io sì.
-Come puoi contare il passare del tempo quando nessuno dei due parla?
-Non posso.
-Allora come mai mi accusi?
-Non sapevo cosa dire.
-E se realmente tra una risposta e l'altra passassero secoli, millenni di cui non ci rendiamo conto?
-Poiché non ce ne rendiamo conto l'ipotesi, anche se vera, potrebbe benissimo non essere considerata.
-E se la nostra conversazione fosse solo un sogno, un falso ricordo che abbiamo?
-Vuoi dire che potremmo essere stati creati adesso, con in mente il ricordo di tutto ciò che è/non-è avvenuto?
-Sì.
-Come prima.
-Allora dobbiamo dar retta ai nostri sensi, dovunque essi ci conducano?
-Certo, tutto ciò che esula da ME non ha alcun senso se non quello che gli do io.
-Questo soggettivismo estremizzato può nuocere alla verità...
-Non esiste verità. Esisto io.
-E se Dio esistesse?
-Sarebbe occupato a trovare un modo per cessare di esistere.
-La monotonia dell'eternità?
-L'ipocrisia dell'esistenza.
-E la meccanica quantistica?
-Non l'ho mai vista. Non esiste.
-Vedi che ti nuoce essere così: neghi la realtà...
-Come fai a dire che la meccanica quantistica sia la realtà?
-Mah... ci sono le prove... le equazioni...
-Ci hai mai capito niente?
-No.
-Allora, come fai a crederci?
-... ci credono tutti...
-Quindi è una moda, un paravento per nascondere la propria debolezza e indecisione, o peggio, è una fede, né migliore né peggiore delle altre.
-Ma gli scienziati la capiscono, la giustificano.
-Ma tu non sei uno scienziato!
-Nemmeno tu. Che ore sono?
-Quindi non possiamo né accettare né rifiutare, con cognizione di causa, la meccanica quantistica. Anche se fosse vera, per noi rimarrebbe sempre al livello di una fede indimostrata, quindi inutile.
-Però, a differenza delle altre fedi, quelle religiose, essa sarebbe solo indimostrata (per noi). Non indimostrabile. Si potrebbe imparare, studiando, a capirla.
-Tu ne hai voglia?
-No.
-Neanch'io.
-Il risultato sarebbe lo stesso.
-Niente.
-Quindi abbandoniamo i quanti.
-Da quanto parliamo?
-Boh, da sempre.
-Quanti argomenti abbiamo abbandonato?
-Innumeri, non infiniti, ma ci avviciniamo.
-Miglioreremo mai?
-No.
-Cominceremo ad abbandonarci a vicenda?
-No, è l'unico argomento che non potremo mai abbandonare.
-Allora, finiti gli argomenti, ci aspetta un'eternità piena di discorsi su noi stessi.
-Per sempre.
-Fino alla morte.
-Quindi, soggettivamente, per l'eternità, così come la possiamo concepire: eternità uguale durata della mia vita.
-Come un Dio. Pensiamo noi stessi pensanti.
-Parliamo di noi stessi parlanti.
-È la stessa cosa.
-Perché?
-Lo sai.
-Già.
-O forse, una volta finiti gli argomenti, li riprenderemo tutti da capo, ripetendoci indefinitivamente.
-Sarebbe ancora peggio.
-Forse sarebbe meglio.
-Potremo provare.
-Quando avremo finito gli argomenti, avvertimi.
-Come?
-Dimmelo!
-Sarebbe un'altro argomento.
-Allora sono infiniti?
-Forse. Non ho voglia di dimostrarlo.
-Non penseremo mai noi stessi pensanti?
-Lo stiamo già facendo.
-Abbiamo già abbandonato tutti gli argomenti?
-Sì.
-E allora? Come mai continuiamo a parlare di varie cose?
-Continuo perché...
-Perché "continuo"...?
-Perché... lo sai!
-Già... io, tu...
-Me, te... noi... UNO!
SONO SOLO IO... SOLO, SOLO, SOLO, IRRIMEDIABILMENTE SOLO, SOLO IN MEZZO A TUTTI... IN MEZZO A NIENTE.